Birkenau: sempre più impossibile comprendere

Scritto da Costanza Baldini il January 28, 2013.

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Un paesaggio in bianco e nero. Camminiamo per ore sotto la neve che non smette mai di cadere. All’inizio sembra bellissima alla fine della giornata ho iniziato ad odiarla. Ho guardato tutto quello che c’è a Birkenau con occhi lucidi e distaccati. La prima cosa che stupisce è l’immensità di un campo che si estende per chilometri e chilometri. Enorme. Noi camminiamo sei ore di fila senza fermarci e ne vediamo comunque solo una parte.

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Guardo i “bagni”, guardo le baracche dove dormivano. Io indosso calzamaglia, pantaloni, maglie di lana, golf, guanti, cappello e il freddo è quasi impossibile da sopportare. Loro indossavano solo pochi stracci. Per quanto avrei resistito? Qualche settimana? Per me diventa sempre più difficile capire, immedesimarmi. Vedere le reali condizioni dei deportati rende tutto paradossalmente ancora più incomprensibile.

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La commozione è arrivata alla fine. E’ arrivata guardando la commozione degli altri, gli studenti che uno ad uno hanno pronunciato i nomi di tutti i toscani mai tornati dai campi di concentramento. Nomi di donne, uomini, bambini, adolescenti. Alcuni sono vissuti solo pochi giorni.

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Pensavo dentro di me “Tutti dicono che si piange, io invece non ho pianto” e invece proprio sul finale gli occhi si riempiono di lacrime allora mi allontano ma non serve a niente è semplicemente impossibile ignorarli. Mi sento schiacciata dal peso di qualcosa talmente enorme e orribile che sfugge ancora alla mia comprensione eppure è esistito ed è stato voluto e progettato a tavolino da esseri umani come me.

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